mercoledì 23 aprile 2014

Arrivo di Santa Lucia ad Erchie


L'arrivo di Santa Lucia ad Erchie dopo più di mille anni dal suo ultimo passaggio, ha creato grande commozione  negli abitanti di Erchie.
Per gli erchiolani una grande giornata, di lacrime, gioia ma anche orgoglio visto che le spoglie della santa tranne che per Siracusa non avevano mai abbandonato Venezia;
nel intervista fatta al Sindaco Giuseppe Margheriti non poteva non trasparire come primo cittadino questa  gioia e questo grande orgoglio che ha investito tutti gli erchiolani.
    

martedì 22 aprile 2014

IL CULTO DI SANTA LUCIA TRA ORIENTE E OCCIDENTE. LA SPECIFICITÀ IN ERCHIE



   
 



                                                                                                                Di Giacomo Carito*


1.        Il sindaco Giuseppe Margheriti ha sottolineato “È la meta che dà significato al viaggio iniziato due anni fa e i bravi marinai non nascono da mari tranquilli. Il gemellaggio con Siracusa ha significato, sicuramente, una crescita concreta sia culturale che economica, è stato un modo per entrare in contatto più da vicino, con realtà sociali diverse, con differenti abitudini, tradizioni, musiche, cibi, necessità ed aspirazioni. Auguro a tutti gli ercolani, ai cari amici che giungeranno dalla Sicilia, dal Veneto e dalla Nostra Puglia, e a quanti vorranno essere con noi, di poter trascorrere ore serene e godere di un clima di fede, cultura e tradizione”. Anche don Franco Candita, delegato vescovile cui è commessa la cura del santuario, non ha mancato di rimarcare la specificità della festa di primavera nel senso dell’accoglienza “Con occhi ancora la visione di tante presenze di giovani e adulti, di uomini e donne che con fede in tantissimi hanno venerato le sacre reliquie qui trasportate da Siracusa nello scorso anno”.

2.                Con ciò, si direbbe, si riscopre il senso profondo del culto di santa Lucia in Erchie che si sbaglierebbe a collocare nel contesto di una società chiusa, economicamente e geograficamente e perciò relativamente estranea a stimoli esterni. Il mondo rurale, al contrario, conosce una serie di spazi che, se pur in modo non specifico, sono destinati ai contatti e agli scambi. Questi luoghi d’incontro e comunicazione sono anzitutto la chiesa e la piazza in cui hanno sede le fiere (la Fiera di santa Lucia) e i mercati, quasi sempre legati a festività religiose, occasioni sia di scambi commerciali sia di contatti con membri di altre comunità in occasione di pellegrinaggi diretti al santuario del luogo. Il culto, il sacro, segno di universalità e legame col divino, si particolarizza e determina nell’esteriorità dello scambio e dell’incontro.
3.                Grazie alla chiesa, il mondo, anche nei suoi pervertimenti, aveva un senso e una coerenza. La religione non solo metteva, in comunicazione il paese con le vaste forze soprannaturali e naturali che reggono il cosmo e le anime, ma anche col passato e il presente del territorio la cui storia si confondeva quasi con quella della religione cattolica.I santi vengono sottratti alla penombra delle chiese perché osservino con i loro stessi occhi la siccità che affligge i fedeli e per sentire da vicino le loro preghiere. I gesti e le parole devono essere ripetitivi perché possano essere efficaci, devono avere la forma e la lingua del passato…Né l’individuo né la società sono indipendenti dalla natura e questa, anche quando viene insistentemente negata dalla cultura, finisce immancabilmente con l’imporsi e trionfare su quest’ultima condizionandone la tessitura simbolica” (C. Giuffrida).

4.                Tutto ciò è necessario per capire come è bene evitare impostazioni impressionistiche della locale vita religiosa in cui non mancano, peraltro, riferimenti simbolici all'unità delle chiese attraverso il culto per santa Lucia che rappresenta, potremmo dire, un momento di pace ecumenica tra le comunità greca e latina di Erchie.
Comunità di rito greco dovevano essere attive in quest’area almeno dal grande episcopato di Teodosio. … E’  accertato che i rapporti tra monaci dell'Oriente e del Salento furono più stretti a partire dal IX secolo.

5.                Il culto tributato a Santa Lucia da chi desiderava guarire dai disturbi della vista si allacciava sia alla forma di tortura patita dalla santa prima del martirio, l’accecamento, sia al gioco di parole tra il latino “lux” cioè luce e il nome proprio Lucia, trasformando la santa in colei che è apportatrice di luce, per volontà del destino riflessa nel nome. Si tratta di un procedimento che, in Erchie, utilizza il vescovo Lucio Fornari (1601-18) nell’epigrafe per la quale fissa la memoria degli interventi effettuati, a proprie spese, il 1605 a vantaggio del santuario.

6.                Oltre al 13 dicembre, giorno in cui ricorre la memoria liturgica secondo il calendario romano, ad Erchie si è soliti celebrare la festa civile della santa siracusana, il secondo giovedì dopo Pasqua di ogni anno.  È antica la tradizione cristiana secondo cui le memorie dei santi martiri erano venerate particolarmente nel tempo pasquale, periodo in cui la chiesa celebra la vittoria di Cristo sulla morte. La doppia festività in Puglia si colloca, parrebbe, a copertura dell’anno agrario; l’una per il periodo autunnale - invernale, l’altra per quello di primavera-estate. …
7.                I secolari pellegrinaggi della perdonanza primaverile di santa Lucia, ossia l’usanza di recarsi al Santuario, confessarsi e chiedere perdono per i peccati offrendo come attestazione di fede il pellegrinaggio stesso, cominciano il II giovedì dopo Pasqua, si intensificano durante quelli successivi e le domeniche del periodo pasquale, intrecciandosi durante il periodo primaverile con le visite ad altri santuari vicini: San Cosimo alla Macchia ad Oria il V giovedì dopo Pasqua e Madonna della Croce a Francavilla Fontana il VI giovedì dopo Pasqua…  Lucia rischiara le luci dell’inverno e le incertezze sull’anno che verrà; con pienezza di simbolismo, nella sua notte, i fuochi spengono il buio.

                                 *(Direttore dell'Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Brindisi)

lunedì 21 aprile 2014

La folle passione di Dio per l’uomo

Di Don Franco Candita con sua intervista


Le tempeste nella vita dell’uomo non sono poche, e le immagini bibliche delineano i tratti della forte tensione che gli s’impongono lungo il percorso degli anni. Pellegrino verso la terra promessa è Abramo (Gn 12,1), fuggiasco è Giona che non ne può della misericordia di Jahwé (4, 2-4), esule è Elia nutrito del pane portato dai corvi (1Re, 17,6), carcerato è il Battista per le mascalzonate di Erode (Lc 3,19). La sorte di questi uomini e di migliaia e migliaia di altri commuove; ma alle donne che seguivano Gesù lungo la via del Calvario  commosse e in pianto fu detto perentoriamente «non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli! Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato .… Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?» (Lc 23, 28ss.). È inutile generare e nutrire figli se qualcuno maltratta così gli uomini, come sterpi secchi adatti per il fuoco acceso dalla corruzione, dalla follia umana. La "passione" che ci vuole per opporsi a questa follia omicida deve rivestire caratteri sovrumani, quasi divini. Tocca vedere un Dio che soffre per capire l’essenza, la tragedia dell’uomo che fa soffrire un altro uomo. Se a queste follie non si contrappone la passione di Dio per l’uomo (percepita benefica da milioni di uomini e donne per la loro vita sulla terra e protesi verso la vita imperitura) tutto è perduto. Le tombe possono contenere ossa e ceneri, non l’identità personale, segnata per sempre dalla indefessa e continuativa relazione di Dio con l’uomo.

       È vero che "il processo dei processi" che vide imputato Gesù si concluse rapidamente, senza nessuna dilazione né prescrizione come sanno fare i furbi ricchi in tribunale, con la crocifissione. Un processo e due condanne da due tribunali: quello religioso perché, sotto il profilo canonico religioso, «violava il sabato, e  chiamava Dio suo Padre facendosi uguale a Dio» (Gv 5,18), e quello politico perché si fece «re dei Giudei» (Gv 18,19). Al Nazareno non mancò il tradimento, figlio della corruzione per 30 denari (oggi avrebbe fruttato almeno 3 milioni di euro, trattandosi del Figlio di Dio)!  Questi profili politico-religiosi mostrano tutta la loro corruttibilità e corruttela a partire da quell’evento; la Pasqua non li ha resi senza efficacia (purtroppo ancora oggi producono tanti guai) ma manifestamente iniqui e tragici perché colpiscono i più piccoli e i più bisognosi. Quando la tomba dell’Unigenito Figlio è scoperchiata e in Lui è insufflata vita nuova, sono resi superflui olii, essenze mummificanti. Di mummificati restano i credenti che rendono insulsa, festaiola, folkloristica la Pasqua.

Ma perché la Pasqua per i cristiani deve prosperare solo nel dopo-morte e non aleggiare sui viventi, sugli esuli, sugli affamati, sui carcerati, sui decapitati della speranza? Mi venivano queste domande quando mi si è offerta la lettura di una pagina di E. Bianchi, illuminante e niente affatto disperante, nonostante le tante fitte domande. Ha scritto: «Dalla mia bisaccia oggi estraggo un pensiero per me inquietante, che da sempre accompagna la mia vita di monaco e di cristiano. Perché il cristianesimo è così impossibile da vivere, così inefficace nel plasmare la storia degli uomini? Perché il Regno che Gesù annunciava come imminente non ha portato nessuna novità, se non – come diceva Ireneo di Lione – “l’unica novità che è Gesù Cristo”? Ho sempre vissuto una contraddizione forte nella mia vita interiore: credere in Gesù Cristo come Signore, come colui che salva le nostre vite, colui che amiamo al di sopra di tutti e di tutto, e nello stesso tempo vivere come se queste verità fossero tutte nell’attesa, nella speranza, senza mai poterle vedere attuate nelle nostre vite quotidiane. Perché continuiamo a fare il male che non vorremmo e a non fare il bene che vorremmo, continuiamo a morire nella sofferenza e viviamo amori che ci fanno soffrire? Perché a ogni confessione di fede in te, a ogni lode, a ogni eucaristia, dobbiamo gridare: “Vieni, Signore Gesù!”? In me il “non ancora” pesa, e quando incrocio gli occhi di un morente, quando avvicino il mio volto a quello di un handicappato in carrozzella o di un ragazzo down, fremo, dicendo con tutte le mie viscere: “Perché non vieni subito? Vieni presto, Signore!”».

       Vieni non per eliminare il venerdì di passione, ma almeno per renderlo più sopportabile! Quando l’aggressione degli uomini giunse al top e la violenza dei potenti dileggiò la dignità dell’uomo Gesù, quando il suo abbandono nelle mani del Padre massimizzò l’incarnazione nella storia, non chiese l’intervento di "dodici legioni d’angeli per liberarLo dalla morte". Il potere degli uomini che si fanno dio si svilì, e il servo di Jahwé, che non aveva altro dio che DIO, vinse morendo. Lo scontro tra potere e non/potere, tra la casta sacerdotale, politica, intellettuale e il Nazareno, il Rabbi Galileo, il Crocifisso acquistò visibile inconciliabilità, anche nei confronti del populismo che volle libero Barabba. Tutta la vita del figlio di Maria era stata spesa per la causa dell’uomo, perché questi vivesse nel regno di Dio, nella giustizia e nella verità. Questo regno (dopo la Pasqua) segnò la vita dei discepoli che impararono: «chi perderà la propria vita, per causa mia, la troverà» (Mt 16, 25).

La causa che Gesù ha sposato è che gli uomini «abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10), che vivano il comandamento nuovo «come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13,34) come liberazione, come Pasqua interiorizzata (lotta morale, ascesi) e Pasqua da attualizzare (più simile alla traversata del Mar Rosso, per sfuggire ai carri del faraone); una Pasqua capace, come dice papa Bergoglio, di "far ardere il cuore", di curare ogni tipo di malattia e di ferita, di ridare un pizzico di felicità. Chi sposa la causa, e si fa discepolo, è esposto ai tribunali di Anna e Caifa, sale sul pretorio di Pilato, è condotto nel palazzo di Erode, è sottoposto a interrogatori, flagellazioni, a indossare la clamide ed essere chiamato pazzo. Il pazzo mondo del diritto romano, ebraico, sacerdotale, il pazzo mondo della cultura degli scribi, del fariseismo, tutti insieme dichiarano pazzo Colui che incarna la Sapienza di Dio. Questa è la santa follia di Dio e di Gesù: amano immensamente l’uomo e contemporaneamente ne smontano le ragioni della follia omicida fondata su un certo diritto, su una certa pseudo religiosità e/o privilegiata esistenza di alcune caste. Pasqua è liberazione, bisogno di una nuova alba, di nuovi orizzonti e patrie, e nessun evento del triduo è eliminabile, scegliendo il lusso di vivere solo della Risurrezione.

       Chi abbraccia la causa di Cristo, vessillo di diseredati, perseguitati, affamati, assetati, ignudi, forestieri, ammalati, diserta i vessilli dei produttori di armi, di economie affamatrici, di finanzieri estorsori, di politici mangioni, della casta sacerdotale alla Caifa (ruffiano col potere di Roma). Se stai di qua col popolo reietto non stai di là con gli oppressori. Su questo Golgota universale Dio vede "il poter del potere" e ascolta il grido: "Tutto è compiuto" (da Lui, ma quanto resta da parte nostra!). L’agnello rituale è sacrificato nel Tempio, mentre Cristo, agnello irrituale, sostitutivo di ogni sacrificio, viene ucciso sul colle della capitale Gerusalemme. La teologia della Croce è una teologia laica, non sacralizzante; è la teologia del gran progetto del Padre: non abbandonare il mondo a se stesso, mandarvi il suo Figlio perché gli uomini fraternizzino al calore del suo amore. Nel mentre Gesù muore sulla croce, non i sacerdoti ma il centurione esclama parole di fede e di rivelazione: «costui era davvero il Figlio di Dio!» (Mt 27, 54). Il velo del Tempio si squarcia da cima a fondo, perché il Tempio di Dio è il corpo di Gesù, è il corpo di ogni uomo. Là è Dio.

      I preti sanno che i riti del Tempio non sono esaustivi; riconoscono le fughe dei credenti che partono dall’orto degli ulivi e dai piedi della croce e finiscono col rintanarsi nel Cenacolo. Ma poi con Pietro, pentito, bisogna annunciare al popolo le parole di Davide riferite al Cristo: «non abbandonerai l’anima mia negli inferi,
né permetterai che il Santo veda la corruzione» (At 2,27.31). Parole che richiamano quelle di s. Paolo: «Chi semina nella carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna» (Gal 6,8); e quelle di Giovanni «quel che nasce dalla carne è carne, quel che nasce dallo Spirito è Spirito» (Gv 3,6). Da teologo, Giovanni elabora una teologia della passione di Dio per l’uomo dallo sviluppo sconvolgente; questo si legge nei brani più famosi: la samaritana, il cieco nato, la risurrezione di Lazzaro (che «i sommi sacerdoti deliberarono di uccidere, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù» (Gv 13, 10). La Pasqua denuncia i danni procurati "dall’odio religioso". Pochi ricordano la crociata anticrociate dell’Inchiodato che invocò: «Padre, perdona loro …. ».

       La fraternità degli apostoli, ridotta in cocci, poteva essere risanata nel Cenacolo col pane mangiato e col vino bevuto in memoria del Gesù sofferente e offerente. Ma gli apostoli preferirono la simulazione e la fuga. Ebbero in consegna di lavare i piedi gli uni gli altri. Due sacramenti nella stessa sera. «La lavanda è il sacramento per eccellenza che, proprio per ciò che potenzialmente significa, non poteva essere annoverato tra i sacramenti riconosciuti dalla chiesa. Il gesto del giovedì santo, infatti, è “il rito della crisi del rito”, è l’atto rituale che manifesta la subordinazione di ogni rito alla relazione etica. Sovverte l’ordine sacramentale, del quale afferma nel contempo la necessità e l’insufficienza» (F. Nault). Nel 2013 papa Francesco sorprese e scandalizzò più di qualcuno perchè lavò i piedi a una ragazza musulmana nell’ istituto penale per minori, riconoscendo la situazione religiosa diversa; ci sorprenderà anche quest’anno? Si faranno addobbi per l’altare dell’ eucaristia, forse si esporranno i simboli del pane e del vino, ma mancherà l’ostensione del grembiule e di un catino d’acqua per i piedi.
       Se viene espunto uno dei due simboli (il Pane-Nutrimento e il Grembiule-Servizio) ci sarà mai un sostegno per gli uomini? La narrativa del pane spezzato a Emmaus prescrive l’essenzialità e descrive la presenza del Risorto nel del pellegrinare della Chiesa nei secoli. Prescrive un pane non indurito dall’ indifferenza, nè rubato dall’ avarizia e dall’ avidità, un pane fragrante di fraternità. Come riparare la sacramentalità e la significatività creaturale del pane? Con la condivisione: «Sia frugal del ricco il pasto; / ogni mensa abbia i suoi doni; / e il tesor negato al fasto / di superbe imbandigioni, / scorra amico all'umil tetto, / faccia il desco poveretto / più ridente oggi apparir» (Manzoni, La Resurrezione).

Le prime luci dell’alba di Resurrezione brilleranno allorchè la Vita dilagherà sulle lande deserte dei cuori lacerati che implorano: "Basta, Signore! Non Ti chiediamo di spalancare le tombe, ma che ce ne siano sempre meno. Chiediamo soprattutto che ci siano mani sollecite, fraternità indefesse, consolazioni durature sotto un cielo stellato, meno buio".Ci crediamo e speriamo: Cristo Resurrexit!


   

giovedì 17 aprile 2014

Intervista al Sindaco di Erchie , Don Domenico e Don Franco




L'Ass. Unione Giovani Italiani ha intervistato il Sindaco di Erchie Giuseppe Marheriti per sapere come si svolgerà l'evento che porterà le Spoglie di S.Lucia da Venezia ad Erchie, dal 23 Aprile al 2 Maggio 2014. Abbiamo intervistato inoltre anche Don Domenico Carenza e Don Franco Candita per sapere cosa vuol dire dal punto di vista più spirituale  questo evento e cosa rappresenta per la nostra chiesa di Santa Lucia

         

Mini-documentario sul Santuario di S.Lucia


Mini-documentario sul Santuario di S.Lucia proposto
dall'Ass. Unione Giovani Italiani. 
Il documentario è stato elaborato per la venuta delle Spoglie della Santa da Venzia ad Erchie 
dal 23 Aprile al 2 Maggio 2014 e pubblicato da erchieonline.it .